Sarebbe interessante capire se Benedetto XVI non sia di fatto uno dei più intelligenti interpreti di quel relativismo culturale da lui a più riprese condannato come anticamera del nichilismo, che a sua volta apre le porte alla dissoluzione di tutti i valori.
Faccio questa rifl essione a partire dall’attenuazione delle colpe della Chiesa, ammesse dal suo predecessore Giovanni Paolo II in ordine al sacco di Costantinopoli, al massacro degli Ugonotti, all’Inquisizione, alle guerre di religione, al caso Galileo e più recentemente all’antisemitismo. Per attenuare queste colpe Benedetto XVI, nella sua visita in Polonia al campo di concentramento di Auschwitz del 25-28 maggio 2006, ha usato l’argomento cardine del relativismo che è la “pre-comprensione”. In quell’occasione, infatti, il papa ha detto:

Conviene guardarsi dalla pretesa di impancarsi con arroganza a giudici delle generazioni precedenti, vissute in altri tempi e in altre circostanze. Occorre umile sincerità nel non negare i peccati del passato, e tuttavia non indulgere a facili accuse in assenza di prove reali o ignorando le differenti pre-comprensioni di allora.