da I miti del nostro tempo –
Ovunque è stabilito che è riprovevole essere coinvolti in una relazione omosessuale [letteralmente: “soddisfare gli amanti, charízesthai erastaîs”]. E ciò è dovuto a difetto dei legislatori, al dispotismo da parte dei governanti, a viltà da parte dei governati.
A partire da queste considerazioni Platone lega l’accettazione dell’omosessualità alla democrazia. Ho citato l’espressione greca perché il termine “omosessualità” non esisteva nella Grecia antica e neppure nell’antica Roma, nonostante altri termini per atti e preferenze sessuali molto meno marcati e distintivi della dicotomia, così ovvia per l’età moderna, tra omosessuale ed eterosessuale abbiano origini greco-latine…
… Lo stesso motivo ritorna nella letteratura islamica sufi dove la relazione omosessuale è assunta come metafora della relazione spirituale tra uomo e Dio…
… Le gerarchie ecclesiastiche fino al Concilio del 1179 non consideravano l’omosessualità un problema che meritasse una discussione…
… Fino al XII secolo la teologia morale trattò l’omosessualità, nel caso peggiore, alla stregua della fornicazione eterosessuale senza pronunciarsi con un’esplicita condanna. Fu con le Crociate del XIII e XIV secolo contro i non cristiani che prese avvio, come sempre capita in ogni “scontro di civiltà”, un clima di intolleranza, non solo contro i musulmani, ma anche contro gli eretici e gli ebrei espulsi da molte aree d’Europa…
… Alle Crociate seguì l’Inquisizione per stroncare magia e stregoneria, quando non anche scienza e filosofia. E in questo clima d’intolleranza verso le deviazioni dalla norma della maggioranza cristiana, che si faceva sempre più rigida, furono coinvolti anche gli omosessuali e perseguitati come gli eretici e gli ebrei. Ma il colpo di grazia, nella forma della condanna definitiva dell’omosessualità, giunse nell’Ottocento con il nascere della medicina scientifica che, con il suo sguardo puntato esclusivamente sull’anatomia, la fisiologia e la patologia dei corpi, ha stabilito che, siccome gli organi sessuali sono deputati alla riproduzione che è possibile solo tra maschio e femmina, ogni espressione sessuale al di fuori di questo registro è patologica. Fu così che l’omosessualità da “peccato” divenne “malattia”, e alla psicoanalisi nata dalla cultura medica, dopo aver indicato nell’Edipo il giusto “verso” dello sviluppo psichico, non rimase che rubricare l’omosessualità tra le “per-versioni”. Riconobbe che l’ambivalenza sessuale, l’attività e la passività sono prerogative di ogni soggetto, ma dopo il riconoscimento non esitò, dopo aver coniato il nome, a collocare l’omosessualità nel mancato sviluppo psichico. Non più un “vizio” come per la religione, ma una “devianza”.
Quando poi la storia prese a trescare con i deliri della razza pura…
Da quando ho cominciato a leggere questo sito, una ventina di giorni fa, ho maturato sempre più una genuina riconoscenza per una mente che percepisco sensibilmente raffinata.
Oggi, la mia prima reazione a questo articolo è di delusione, perché mi sembra impostato in modo grossolano e confuso.
Chissà, forse ciò deriva dal fatto che realmente le nostre conoscenze sull’omosessualità sono grossolane e confuse … o forse dal fatto che la parola stessa indica realtà esistenziali quanto mai variegate ed eterogenee.
Di certo sappiamo tutti che esistono omosessuali che sono riusciti a fare fortuna ed avere vite di ottima qualità proprio sfruttando la loro condizione di omosessualità; così come, invece, altri omosessuali sono stati costretti a vivere esistenze miserabili solo a causa della loro omosessualità (un esempio dei due casi è Oscar Wilde che, guarda caso, viveva proprio nell’Ottocento); e tra i due estremi, naturalmente, esiste un’ampia casistica che, in fondo, vive e si arrangia come meglio può, alcuni molto meglio di altri, alcuni un po’ meno.
Ricordo che vent’anni fa ebbi un pensiero (a volte capita anche a me) e mi dissi: il giorno che faranno una pubblicità rivolta agli omosessuali, sarà il segno che saremo diventati un po’ più civili.
Ebbene, oggi le pubblicità per gli omosessuali ci sono … ma non sono sicura che stiamo vivendo in una società più civile di quella di vent’anni fa … forse ci vorranno altri vent’anni per saperlo?
Il fatto è che è già così difficile incarnare un sesso solo … figuriamoci due!
Inoltre, viviamo letteralmente d’aria fritta (quanti di noi possono vantare il lusso di vivere solo del proprio lavoro manuale? e sottolineo l’avverbio “solo”) e siamo così dipendenti da tutto e da tutti che non abbiamo la possibilità di sviluppare il nostro pensiero né secondo i nostri reali limiti/possibilità, né secondo i nostri tempi. Questo, a mio avviso, determina un’incertezza del discernimento che si può ravvisare in qualunque campo, sebbene diventi quanto mai eclatante proprio nel campo della sessualità (e non colpisce solo gli omosessuali, mi sembra).
Non sono sicura che sia l’omosessualità a disorientarci, ma che piuttosto, sia il nostro disorientamento culturale/emotivo a renderci più o meno omosessuali (in fondo, anche senza arrivare ad un’esternazione manifesta di atti sessuali concreti, non si potrebbero ravvisare i prodromi dell’omosessualità anche in tutti quei comportamenti settari con i quali gli uomini fanno le cose da uomini … e le donne le cose da donne? così come anche in certi slogan come “gli uomini sono tutti uguali” e vengono da marte mentre “le donne sono tutte uguali” e vengono da venere?
E qui si profila il vero problema: quanto l’omosessualità dipende dal nostro corpo e quanto dall’ambiente in cui ci muoviamo? In quale misura la mia sessualità (e non solo quella) è influenzata dai miei ormoni e quanto dalle esperienze di relazione che vivo, a volte subendole, altre volte dominandole?
Allora, al di là di tutti i movimenti storici che spesso nascondono soltanto espedienti temporanei di sopravvivenza economica … non è possibile che l’omosessualità ci metta a disagio perché una sua comprensione più approfondita ci aprirebbe la porta ad una coscienza del nostro corpo e dei suoi funzionamenti che travalicherebbe il nostro spasmodico bisogno di controllo e di certezze? o magari farebbe crollare convinzioni su cui, oggi, interi settori della nostra economia sono basati (industrie farmaceutiche, ospedali, medici, tanto per citare i più ovvi).
L’intolleranza, che sia nei confronti degli omosessuali o di uomini politici, o di religioni diverse, o di “saperi” che non si vogliono sapere o quant’altro, è sempre il frutto della stupidità.
Nulla è più pericoloso di un umano stupido, tanto più se crede di essere intelligente.
E, naturalmente, il contrario di intollerante è intelligente e non tollerante: diffondiamo l’intelligenza e ci libereremo davvero di tutte le intolleranze (e il contrario di intelligenza non è stupidità, bensì fame di potere).
L’intelligenza non è una panacea per tutti i mali dell’uomo. Molto spesso l’intelligenza, se non è bene orientata, porta a sopraffare i più deboli.
Il primo vero psicoanalista che studiando disagi e sofferenze inquadrò e descrisse specificamente il fenomeno della omosessualità, sia pure soltanto negando gli errori dei falsi esperti di allora ed escludendo le false teorie in quel periodo purtroppo già assai diffuse, fu Alfred Adler. Contrariamente a quanto si crede o si vorrebbe credere ancora in vasti ambienti della medicina, Adler ritenne ovvio che i rapporti omosessuali fossero cosa naturale, vantaggiosa e sana, limitandosi, dopo aver mostrato i risultati della fisiologia, che già al suo tempo non constatava alcuna anomalia nelle persone dèdite ai rapporti omosessuali, all’interesse verso i casi di chi era forzatamente relegato nei soli rapporti omosessuali a causa di violenze ed emarginazioni psicologiche, e dunque era, con maggiore o minore consapevolezza, in condizioni appunto di disagio e sofferenza. Ovviamente, Adler non si occupò dei casi di semplice penuria di occasioni e di incontri con l’altro sesso, preoccupandosi di escludere la possibilità che l’omosessualità fosse una malattia o un malessere psicologico e mostrando che le reazioni di inibizione e sfiducia delle vittime di quelle violenze ed emarginazioni sono le uniche possibili per chiunque, cioè sono del tutto naturali. Adler dunque descrivendo la psiche ed i limiti delle facoltà di questa intuiva e riportava negli studi scientifici la dinamica fondamentale del desiderio e del potere, ovvero identificava la cosiddetta volontà di potenza, in se stessa priva di conoscenza e nelle vicende della vita soggetta al rischio dell’inganno o dell’illusione o del fallimento, mai del tutto impossibili ad accadere a causa dei limiti della facoltà conoscitiva, sottoposta a fattori indipendenti dalla medesima psiche, tutto ciò che accadendo per causa d’altri e d’altro ed essendo non affine od opposto potrebbe costituire impedimento, offesa, scontro, anche oltre le capacità di ciascun vivente, necessariamente non privo di limiti propri. Adler seppe anche redarre una vera e propria criminologia, che descriveva appunto i casi più comuni di sopraffazione ai danni della libera sessualità, secondo le leggi dello Stato tedesco ancora libero dai soprusi crescenti del nazismo, ma in aggiunta a questo ed al di là di questo offrì un quadro molto preciso di alcune dinamiche psicologiche di massa assai diffuse al suo tempo, dominate da distrazione, ignoranza, indifferenza verso alcuni ma non sempre pochi e non sempre a motivo della diversità anzi a volte a motivo proprio della uguaglianza; quindi potendo comprendere l’esistenza anche di una analoga condizione nella Antica Grecia, di grandi proporzioni anche allora, dovuta principalmente ad un dissidio tra moltissime donne e moltissimi uomini, impossibilitati per vari motivi a reciproche relazioni tranquille e serene, notò più generalmente che l’età contemporanea, in Germania ed in molti luoghi europei, viveva una condizione ancora più difficile ma assai simile: come tra molti antichi greci, notava, anche tra molti europei contemporanei era assai diffusa una protesta soprattutto femminile, spesso degenerante in costrizioni di ogni genere e di vari gradi, occulte o nascoste, ancora più gravi se mosse indirettamente, ai danni soprattutto di ignari o di estranei alla stessa protesta, quasi tutti maschi; e notava pure che dai tempi antichi ai moderni tali costrizioni erano state mosse con puntuale e speciale accanimento contro la religione cristiana ed ai suoi appartenenti, nella Germania di allora quasi tutti o tutti vittime o potenziali vittime delle degenerazioni di quella protesta.
Alla precisa identificazione del principio di realtà, sempre connaturato alla mente in tutte le evenienze possibili, e alla corretta descrizione dell’altro principio, del desiderio, quindi con la conseguente esclusione di molte patologie dall’ambito di interesse medico, Adler aggiungeva precisazioni preziose sulla natura non sempre negativa della patologia e sulla natura positiva dei sintomi, in quanto tali distinti da ciò di cui sono avvertimento, ed in quanto tali, avvertimenti cioè, elementi preziosi sempre maggiormente compresi da chi li prova, abbia o non abbia costui miglior rimedio per condizioni o situazioni. Per questo motivo la scorretta definizione delle nevrosi e in genere delle malattie mentali data da Freud e dai freudiani a lui più fedeli seguaci, furono da Adler e dai suoi allievi solennemente messe al bando presso tutti i veri studiosi e professionisti. Infatti desiderio e realtà compongono un dramma del tutto naturale, nessun conflitto nevrotico o psicotico si basa su tale dramma e neppure ne è costituito. Il conflitto descritto da Sigmund Freud e freudiani “ortodossi” non rappresenta una vera definizione, ma soltanto una descrizione, peraltro assai confusionaria, di un àmbito mentale proprio di tantissimi e diversissimi eventi (mentali e della mente). L’abitudine, irriflessiva, a volte violenta oltremodo, dello stesso Freud e dei suoi fedelissimi, era invece quella di considerare i rapporti omosessuali sempre problematici e di tentare continuamente di risolvere i presunti problemi cercando di produrre, spesso finanche con minacce di costrizioni o tentativi di costrizione, cambiamenti caratteriali negli sventurati pazienti che incappavano nelle loro davvero demenziali elucubrazioni, sto dicendo delle elucubrazioni proprio di Freud e di moltissimi freudiani sulla psicologia della omosessualità, che, per così dire, si facevano forti degli studi sulla coscienza e sull’inconscio, studi ai quali Freud stesso aveva dato contribùto ma in sola qualità di ricercatore aggiunto: infatti era stata la psichiatria svizzera a produrre le preventive e corrette definizioni e inoltre senza gli studi di psicologia analitica, provenienti sempre dallo stesso ambiente (ovvero la psichiatria svizzera) le ricerche di Freud non sarebbero valse a nulla, in quanto monche, prive cioè di premesse psicologiche valide e di rigorosità metodologiche successive. Insomma il neurologo Freud non aveva competenza per esser da solo vero scienziato, proprio perché neurologo, appartenente cioè ad altri studi non del tutto pertinenti o non pertinenti, nonostante tentasse ripetutamente di considerare le psicosi dei disturbi organici cercando di ignorare la differenza tra due concetti, di coinvolgimento e appartenenza, cercando di profittare di quanto lui stesso aveva effettivamente notato, cioè che le nevrosi non hanno reale base organica pur potendosi manifestare organicamente, e senza mai volersi convincere che le psicosi coinvolgono il funzionamento degli organi senza disturbare gli organi stessi ma solo recando disturbi ad alcune dinamiche non fondamentali del funzionamento stesso. Per tale cocciutaggine, contro la evidenza di fatti necessariamente uguali sempre perché dovuti alla natura della mente e del corpo, Freud si rifiutò sempre di comprendere i principi della psicologia analitica e volle sempre ignorare molti casi di guarigione da gravi o gravissime psicosi sparite col solo aiuto della psicoterapia. L’atteggiamento di Freud nei confronti della omosessualità era stato influenzato dai suoi rifiuti di capire in tutto la vera patologia delle psicosi, cosa che lo induceva spesso ad ipotizzarle o ritenerle del tutto a sproposito. Va precisato che Freud ed i suoi fedelissimi, i cosiddetti “freudiani ortodossi”, muovevano le loro obiezioni da una propria soggettività particolare, coinvolta in imbarazzi volontari e volontarie intolleranze, sulla sessualità ed ai danni della libertà della sessualità. Contrariamente a quanto si pensa comunemente, Freud era paternalista fino ad una insensata sacralità, maschilista fino al fanatismo, oltremodo arretrato culturalmente e puritano fino alla dissennatezza, qualche volta fino ad un improbabile ridicolo. La psicologia analitica invece, avviata da Carl Gustav Jung e continuata da altri, fece proprie le ricerche e le conclusioni di Adler, che invece aveva avviato per parte propria la psicologia individuale.
La questione attuale riguardante l’omosessualità è dovuta a cieche ed impulsive ignoranze da parte di coloro che si rifiutano di considerare l’istinto comune a tutti, ma anche ad ignoranze negli studi, come quelle dello stesso Sigmund Freud; non fosse questo, non ci sarebbe realmente questione, ed il restante è materia per chi vuol contribuire a felicità, benessere e libertà, sia anche costui un politico, sia pure un giudice od un agente dell’ordine. Gli istinti non sbagliano, la repressione sessuale fa male alla vita, la sessualità non è mai malata, è un bisogno innocente, che gli stupratori, i molesti e gli importuni cercano di violare con avversione anche alla propria stessa vita. Infatti inopportunità, molestie, stupri, non sono motivati mai da reali bisogni e sono atti violenti anche contro gli stessi autori di essi, deprecabili anche perché violano se stessi per offendere gli altri. L’omosessualità, anche la stessa bisessualità, mi sto riferendo con questo ultimo termine agli amplessi di più di due persone non tutte dello stesso sesso, sono invece atti del tutto naturali e necessari, che concorrono, anche per gli stessi che li attuano, alla stessa soddisfazione, successiva o concomitante, dei bisogni eterosessuali.
Il mondo degli studi ha fatto e fa fatica ad affermare questa spontanea verità, non perché manchi una cultura adeguata a disposizione, ma per la violenza mossa contro la cultura adeguata, oltre che per il diffuso disamore per la vita, fenomeno di competenza ed interesse della filosofia, non soltanto psicologica, o, al limite e non oltre, della psicologia filosofica, ma non della medicina. Si badi, a questo.
MAURO PASTORE
L’omosessualità esiste sicuramente nella natura, come vi esistono l’incesto, l’infanticidio, l’uxoricidio, il cannibalismo e simili orrori. La natura non è ordine e perfezione, ma disordine e malattia, che raggiungono stati di equilibrio e armonia precari soltanto attraverso una durissima lotta e selezione (Darwin insegna). Idealizzare e divinizzare la natura significa regredire a quel paganesimo che la filosofia greca, coniugata con il rigore etico ebraico-cristiano, superò contrapponendole la perfezione di archetipi celestiali da imitare in questa valle di lacrime. L’omosessualità probabilmente non è ascrivibile alle patologie individuali, non producendo sofferenza ai gay (allegri per autodefinizione), ma impedisce di riprodursi, fatto salvo un intervento medico correttivo di fecondazione artificiale. Si tratta, perciò, di una menomazione fra le tante che, se generalizzate e non corrette medicalmente, impedirebbero la conservazione della specie.
L’omosessualità è un esercizio utile e un modo per completare l’amicizia ed anche una esperienza che genera conoscenza. Come tale è indispensabile alla stessa vita della specie. La religione non è una descrizione del mondo, neppure etica e morale lo sono. La medicina non si basa sulle conoscenze del medico, ma sulle conoscenze dei pazienti. Il tale Luciano Salsi non dovrebbe imporre la presenza dei suoi discorsi, proprio a nessuno e da nessuna parte. Invece di occuparsi delle cose fuori, cercasse di prender consapevolezza dello stato di minorità in cui versa la sua stessa vita intellettuale. Per il resto, esistono le leggi, chi è violento oltre che stupido, resta tale, due cose e non una. Comunque non condivido che in questo forum si dia spazio a messaggi come questo del tale Luciano Salsi.
Mauro Pastore
Mi sono ritrovata in questo sito per puro caso; cercavo il tema dell’omosessualità nella filosofia e leggendo umbertogalimberti.it ero proprio curiosa di sapere cosa vi era scritto a riguardo visto che si tratta di un personaggio legato anche alle tematiche del cristianesimo. Ho letto i vari commenti di cui alcuni davvero molto mirati e interessanti altri riprovevoli e lascio a voi il resto degli aggettivi (non riesco a trattenermi, ma chiunque abbia citato Darwin per favore lo rilegga, se lo ha fatto, e colga quanto è precaria in certi punti la sua teoria). Non so da dove cominciare perché anche io cerco una risposta e non ho una base da cui partire, posso solo fare supposizioni o confrontare i pensieri dei grandi pensatori a riguardo e farmi un’idea. Ho appena finito di leggere il Simposio di Platone, dialogo affascinante intorno alla tematica di amore, dove oltre al mito degli androgeni, che già conoscevo, mi ha colpito il racconto della sacerdotessa Diotima narrato per bocca di Socrate in cui si afferma che l’uomo mira all’eternità, all’infinito e l’unico modo che ha per farlo è la riproduzione. Tutto è caduco non solo il nostro corpo, dunque la materia, ma anche il ricordo ecco perché la meditazione, pensiamo e studiamo per riportare alla luce ciò che dimentichiamo, e infine l’anima poiché nel corso della vita cambiamo emozioni, idee e sentimenti. L’unico modo che l’uomo ha è generare e trasmettere i valori di generazione in generazione. Non lo fa per natura ma ha uno scopo direi quasi inconscio, vita che genera vita; la morte e l’oblio infondono paura all’essere umano che le rifugge con la riproduzione, l’unica salvezza dalla dimenticanza. Nel fare ciò l’uomo si pone un fine. Non amore spassionato per la riproduzione. Accanto al rapporto eterosessuale Platone descrive il rapporto omosessuale come puro, sincero e fine a se stesso. L’amore tra due uomini educava e introduceva alla riflessione. Il dialogo platonico non rappresenta la verità ma un punto di vista diverso da quello che vige oggi nella società; ovvio, sono tempi diversi ma è paradossale il fatto che sia più aperto a diversi orizzonti e letture del reale un testo del IV sec. a.C. e non il pensiero della nostra odierna società. Io non vedo nulla di patologico, deviante, contro natura, sadico e pervertito in due persone che si amano, che siano una coppia etero od omosessuale. Che cosa spinge ad amare il nostro stesso sesso probabilmente non lo sapremo mai, forse nelle prime esperienze di vita di cui non possiamo avere ricordo, forse è connaturato, forse forse … scienza medicina psicologia non lo sapranno mai, è il grande inganno. Il grande filosofo non riconduce mai la sua ricerca ad una sintesi superiore ma lascia aperto il dissidio e riflette e nel riflettere accetta tale dissidio cerca con tutti i suoi mezzi di spiegarlo e nel farlo assimila conoscenze fondamentali ed è questo che dovremmo fare noi oggi, discutere e interrogarsi sull’omosessualità in classe, tra amici, tra parenti, con il cane, con chi ritenete più adatto. Dovremmo porci questa sottile questione così come si discute del perché della vita, dell’ingiustizia, della pena di morte, del ruolo della donna nella società e di qualsiasi tematica che lascia inconcluso il finale. Così l’uomo ha conosciuto i valori e l’importanza della riflessione, non riconducendo il reale ad uno schema predefinito o ad una conciliazione tra mondo e divino come hanno fatto per esempio le religioni e ahimè anche filosofi, ma lasciando aperta la frattura, lasciando all’uomo la possibilità di leggere, riflettere e farsi una propria idea non seguendo codici imposti retrivi e superficiali, che ci rendono cechi. Io sono a favore dei gay e so cosa vuol dire sentirsi sbagliati, tagliati fuori, diversi. E se invece fosse la società che è sbagliata? Una società che ci indica come diversi, ma sarebbe interessante scoprire da quale base possono supporlo dato che per quanto ne so io non sono ancora giunti al pozzo della conoscenza. Perché scontrarsi e non accettare un’altra fetta della realtà e provare a capirla e confrontarsi con essa. Chi siete voi etero per poter decidere chi è malato e chi no, cosa è deviante e cosa è retto, giusto e intoccabile! Da quale presupposto partite, da quale verità attingete? Io davvero non comprendo e dico a tutti coloro che ritengono che l’amore giusto, secondo natura, è quello tra uomo e donna, che si sbagliano poiché non esiste solo la realtà tra uomo e donna ma anche quella tra gli stessi sessi che per motivi storici e culturali è dovuta rimanere nascosta e all’oscuro. La riproduzione è tra uomo e donna ed è fondamentale che ci sia ma per questo non vanno considerati diversi gli omosessuali, amore non è amore della riproduzione ma amore in sé e per sé , è perdersi nell’immenso mare del bello dove non c’è un giusto e uno sbagliato, dove non spetta all’uomo additare un suo consimile come diverso. Perché continuare a lottare e non provare a capirsi e ad accettarsi? Concludo dicendo che sono contraria al coming out perché privo di senso, è un’etichetta e viene spesso usato per attirare attenzione su di sé. Dichiararsi gay per me equivale a dire che sono una persona timida piuttosto che loquace, che ho i capelli biondi e non mori, non dice nulla della persona perché una persona va conosciuta, dire di essere gay che motivo ha di sussistere? Non dovrebbe essere nemmeno considerato dal momento che non altera i valori e le caratteristiche di una persona tali da renderla un pericolo o un soggetto speciale che altera il vivere civile. Deve essere la persona che si confida con l’amico e gli rivela di essere omosessuale per averne un parere e discuterne insieme come il ragazzo che ha perso il padre si confida con l’amico a lui più caro per discuterne e superarne insieme momenti delicati e sofferenze senza bisogno alcuno di usarlo come etichetta. Non si dovrebbe discutere se è giusto o sbagliato, se è contro o pro natura, queste argomentazioni dovrebbero essere superate da un bel pezzo quanto piuttosto dovremmo riflettere sul concetto in sé che ci rende unici, incomprensibili e meravigliosi per varietà. Dovremmo pensare per raggiungere tesi più alte e sensazionali che ci spingono verso concetti più profondi e importanti della morale comune.
Ogni essere umano deve poter vivere secondo la propria coscienza, senza sentirsi superiore né inferiore agli altri. Ogni persona deve rispettare le scelte di vita degli altri, quando tali scelte sono personali e non incidono sulla vita degli altri. La stessa cosa non si può dire nel caso di bambini adottati da una coppia omosessuale, poiché la scelta dell’adozione, non può essere considerata una scelta personale, per quanto una coppia omosessuale, dal punto di vista della capacità psicopedagogica, può rivelarsi migliore di una coppia eterosessuale. Il problema è che i bambini adottati dalle coppie omosessuali, purtroppo, saranno oggetto di scherno, discriminazione e emarginazione, con conseguenze psicologiche anche drammatiche. In virtù di ciò si potrebbe dire come l’idea delle adozioni rappresenti un gesto puramente egoistico, dal momento che tale tesi procurerà tanti bambini infelici.
Io invito i lettori del mio messaggio contenente testo di piccolo saggio a porre dovuta attenzione su premesse realmente esplicite ed anche implicite avendo cura però di distinguere le premesse personali con quelle impersonali, tra queste ed in queste discernendo secondo vari piani collettivi. Per esempio: io non ritengo vero che esista un solo cristianesimo con una sola storia ed io non appartengo alla storia riferita nel messaggio, dunque non mi si imputi persuasione psicologica assolutista sulle vicende cristiane conosciute da Adler ed oggetto di suo interesse di studioso né me ne si attribuiscano sorti né destini. MAURO PASTORE
carissimo Galimberti, ho sentito sul sito di Repubblica la sua breve intervista: solo giusto un rigo per RINGRAZIARLA sentitamente per essere stato capace, in pochi minuti, di mettere sul piatto argomentazioni così chiare, equilibrate, di BUON SENSO, che dovrebbero convincere anche il più sprovveduto degli sprovveduti.
Ahimè l’inquisizione e gli inquisitori ci sono ancora e non cambieranno mai neanche di fronte all’evidenza di sostenere posizioni assolutamente sbagliate. Un cordiale saluto, con stima. Franco Barbagallo
[60 anni – Insegnante – Imprinting individuale e sociale giudaico/cristiano – Coniugato – 2 Figli – alcune letture recenti: Nietzsche/K.Lorenz/De Botton]
Dalla lettura dei commenti precedenti ho avuto una pulsione a interagire con la comunità di questo blog, per accennare alla mia “verità” e lo farò utilizzando la relatività del mio linguaggio e confidando nella voglia altrui di decodificarlo;
ho scoperto da poco che nella mia estetica bene si colloca l’ascolto utile dell’amato prof Galimberti, del quale devo ammettere non ho letto libri ma conto di farlo; ascoltarlo mi è fin ora bastato e lo ritengo utile anche per la mia professione di insegnante; nelle aule però cerco di portare le “mie” primizie e qualche citazione;
per procedere e presentare il mio pensiero sul tema dell’omosessualità ho necessità di dissacrare parzialmente il prof Galimberti per rendere omaggio al dissacratore che è in lui; egli dà il meglio di se in spazi gregoriani, con lunghe code sonore, dove suo malgrado spesso deve tenere prolusioni un po’ istrioniche per adattarsi a platee che talvolta faticano a seguirlo; rischia però di comprimere lo Zaratustra che nasconde in se;
la cifra dell’esistenza è la solitudine, luogo di verità, dove l’io e il se dialogano e vivono intensi momenti di vicinanza apparente e dove un flusso impalpabile ma codificato – altrimenti non potremmo percepirlo – si diffonde nella nostra mente e ci consente di capire che tutto è; tutto il resto è illusione e convenzione; tutto quello che attiene ai corpi sociali è convenzione storicizzata perché pensata in situazioni molto diverse, riguardo ad aspetti quali la prossemica, la durata della vita biologica, e la percezione dei limiti delle risorse; sono convenzioni l’etica, la morale, la religione; nei corpi sociali però si nasconde un po’ dell’universale che portiamo in noi come comunità di cellule;
l’osservazione contemplativa dei corpi sociali, alla ricerca di qualche invariante ci consente di estrarre dal relativo, qualcosa che è un po’ meno relativo e che potrebbe essere ipotizzato come volontà della specie, simile a quella nascosta all’io nel se;
e vengo al tema: per poter parlare di omosessualità e di eterosessualità dobbiamo fare della strada; ci occorrono nuove categorie morali ed etiche, che ci consentano di parlare serenamente, dissacrando la sfera della sessualità; smontare per ricomporre, tenendo presente che la pornografia per ora è arrivata prima dei filosofi; ecco che, prima di rifugiarci nella comoda nicchia della necessità di un’elaborazione sociale, dobbiamo affrontare la questione individuale delle categorie mentali con cui affrontiamo i discorsi su membri, vagine ed ani per eventualmente decidere collettivamente quale etica e quale morale della sessualità è utile e vogliamo darci; quasi banalità ma dentro vi si nasconde una questione di metodo, che ci serve per andare oltre e affrontare le vere gutturali che ci attendono e che l’umanità non aveva ancora mai affrontato: come ad esempio la domanda: siamo tanti, siamo troppi? Che fare?
1)”dicotomia, così ovvia per l’età moderna”:perchè non era …ovvia presso altri popoli antichi? ( e non solo quello della “Genesi”).
2)RIPROVEVOLE:”E ciò è dovuto a difetto dei legislatori, al dispotismo da parte dei governanti, a viltà da parte dei governati.”:NON manca forse qualcosa’ Presso i Greci antichi non era riprovevole perchè la donna aveva la stessa dignità dell’uomo? (nel mondo omerico: le donne che appaiono all’inizio non avevano la “dignità” di schiave,bottino sessuale di guerra? Era loro dignità?).
3)COLPO DI GRAZIA: “siccome gli organi sessuali sono deputati alla riproduzione che è possibile solo tra maschio e femmina, ogni espressione sessuale al di fuori di questo registro è patologica”. Il “patologico”,che non significa,dall’etimo,solo malattia,ma essere legati al pathos,c’è se rende impossibile la più elevata esperienza d’amore (uomo-donna) che si traduce nella possibilità di DONARE la vita.Qui non c’è nessun registro:c’è quella legge di natura (negata purtroppo da tanti filosofi-teologi,secolo scorso a partire dagli anni 50-60) che rende l’uomo /Mensch/ realtà stupenda al sommo ( figli,rivendicati oggi anche dai ” charízesthai” che forse pensano a “soddisfare” se stessi) rende l’uoma (euè) nella sua stessa dignità realtà stupenda al sommo (ama il prossimo tuo come te stesso,e più prossimo della “una sola carne” cosa c’è?).
E’ POSSIBILE criticare il passato (errori del passato) pensando in positivo? (lasciamo cadere la “per-versione” e ri-sottolineiamo la “con-versione”,così mal trattata,giudicata “materialista”; oggi i non materialisti,caro professore,ci vuol far credere che sono i” charízesthai” ,ritornati eroi (come lo erano quelli omerici)?
Gentile professore,
mi ha colpito in una recente trasmissione, la sua difesa della cosiddetta maternità surrogata, perché nelle sue argomentazioni non ha quasi mai preso in considerazione il bambino.
Ha parlato della mercificazione della donna, nel caso di maternità a pagamento, e sono d’accordo sul fatto che la donna sia un’adulta e, se lo fa per propria scelta, sia libera di mercificarsi fin che vuole. Però, non ha considerato che la vera vittima indifesa di tale mercificazione è proprio il bambino.
Anche nel caso di maternità offerta e gratuita sarà il bambino a subirne la conseguenze. Come pensa che reagirà quando verrà a sapere che la madre, che ha portato a termine la gravidanza e l’ha partorito, lo ha fatto per conto terzi? Crepet ha scritto, in suo articolo che per un bambino una cosa del genere può essere devastante.
E mi ha stupito che lei abbia paragonato il “dono” del bambino a una donazione di midollo o di sangue. Come se il bambino fosse un grumo di materia o una provetta di liquido organico.
Anche riguardo alle adozioni tout court di orfani o di abbandonati, bisognerebbe valutare bene: un conto è adottare un bambino grandicello che ha già compiuto il percorso di maturazione e raggiunto la propria identità, un conto è un neonato che deve ancora compiere tale il percorso complesso, con tutte le difficoltà e gli ostacoli, che ben sappiamo esistere anche con genitori eterosessuali.
Siamo sicuri che sullo sviluppo psichico un bambino, nel periodo delicatissimo che va dalla nascita ai primi anni di età, non abbia nessuna influenza l’avere due genitori dello stesso sesso?
Perché non si tratta del bambino che vive, che so, con il padre e con uno zio o un nonno, ben sapendo che è esistita una madre (fantasmata), che sfortunatamente non è presente. Si tratta di un bambino che ha due padri o due madri a tutti gli effetti (anche sessuali) e che esista anche il genitore dell’altro sesso, lo capirà ben più tardi.
Io sono atea, sono favorevole al divorzio, all’aborto e a anche alle unioni omosessuali, ma mi sembra che in questo dibattito ci sia una enorme attenzione ai desideri degli adulti e pochissima verso
i bambini.
Vorrei che questi aspetti che ho citato fossero chiariti meglio prima di prendere delle decisioni così importanti. Invece gli psicoanalisti moderni tacciono (quelli classici sarebbero stati contrarissimi) e nessuno se ne preoccupa. Tutti presi a difendere le proprie convinzioni ideologiche, etiche e morali.
La ringrazio per l’eventuale attenzione e La saluto.
Clara Gallo
Quel che sorprende in Galimberti è il fatto che in materia di gay ,matrimoni, adozioni abbia con estrema disinvoltura cambiato radicalmente il suo pensiero e la sua posizione ,se è vero che nel 2004 dichiarava e scriveva:”Io chiamo matrimonio l’unione tra eterosessuali. Non possiamo perdere l’orizzonte della natura e della costituzione psichica. Noi siamo maschio e femmina, funzionari della specie: per riproduzione e difesa. La natura è eterosessuale. E il bambino ha bisogno di un padre e di una madre. Punto. [Il matrimonio omosessuale] è una forzatura. È legittimo formare una coppia omosessuale e negoziare fotme di tutela. Ma chiamare un parto di convivenza matrimonio non è corretto.” Si tratta di capire ora se ci troviamo di fronte ad una evoluzione o ad un’involuzione del GALIMBERTIPENSIERO !
I confini tra norma e devianza sono un costrutto squisitamente umano;
già solo il fatto di parlare di omosessualità lo incanala fuori dalla norma: se fosse considerato secondo natura non se ne parlerebbe affatto.
L’ uomo si è talmente distaccato dal senso d’ amore che categorizzare un essere umano in base al suo orientamento sessuale è diventato motivo di odio tra gli stessi eterosessuali;
le prese di posizione a cui i mass media ci stimolano generano spesso scontri e rabbia, dunque come possiamo parlare di ciò che è lecito o non lecito,di ciò che è giusto o sbagliato,di ciò che è norma o devianza,quando la devianza dall’ amore fa da perno a tutti i rapporti interpersonali?
Se coloro che si definiscono a favore dell’ adozione per gli omosessuali non tollerano chi la pensa diversamente da loro, allora come possono sapere cos’ è giusto per l’ altro essere umano? E quelli che li ritengono incapaci d’ amare come possono sentenziare cos’ è il vero amore?
Dovremmo tutti ricongiungerci al sentimento primo,il motore (im)mobile, la devozione per la natura: siamo tutti natura e ne facciamo parte.
In un mondo senza amore siamo costretti a categorizzare, la distinzione degli esseri umani tra loro avviene in tutti i modi plausibili: differenze di ceto sociale, differenze etniche, differenze religiose ,siamo riusciti a trovare differenze rispetto all’ orientamento sessuale.
Tutto vuole essere allontanato da noi, abbiamo bisogno di distanziarci il più possibile dal ” resto” poichè si è perso l’ amore e l’ unione.
Il sentimento di differenziazione tra uomo e natura ci ha resi ostili anche con la nostra specie, perchè abbiamo perso l’ armonia.
Ci sentiamo intimamente disgregati e questa frammentazione trasmigra fuori da noi e si proietta verso l’ altro.
Se ci rieducassimo al bene tutte queste differenze non peserebbero tanto sulle nostre coscienze.
Mi rivolgo a tutti voi che ho letto con interesse e piacere non per dare risposte o per fare commenti colti, ma per porre delle domande che nascono dai miei innumerevoli dubbi sul tema in questione. Non so cosa sia meglio per un bimbo, non conosco i bisogni di persone omosessuali, fino ad ora ho cercato di schierarmi, talvolta sbagliando, dalla parte di chi credevo discriminato, supportata quasi sempre solo dal buon senso e dal ricordo critico del passato. Ho lottato per la dignità delle persone ( sinceramente mai divise per sesso o preferenze sessuali, credo religiosi/politici, stato civile o ceto sociale ). Spesso però mi sono trovata mio malgrado di fronte a tante, troppe disparità. Ad esempio è indubbia la diversità di trattamento di un giovane omosessuale, alto borghese, colto, rispetto ad uno senza lavoro fisso, con conto corrente in rosso, che ha frequentato le scuole del l’obbligo con scarsi risultati. Ho creduto non fosse importante il matrimonio ( con rito religioso o civile ) se non per garantire chi è più debole nella coppia. Ora mi chiedo perchè è così importante sposarsi ( e non faccio una questione di preferenze sessuali ) se si garantisce il più debole in caso di interruzione del rapporto? Mi chiedo anche, perché se è vero che ci sono tanti bimbi in istituti, sfruttati, maltrattati, abusati ecc. Per i quali una famiglia ( sia essa un single o coppia ) potrebbe essere un porto dove avere l’unica cosa che serve davvero, l’amore che cura, si deve ricorrere ad un utero che ne faccia un altro in esclusiva per chi lo ha commissionato? Non nascondo che temo per quei bimbi non ancora nati ripercussioni imprevedibili e ad oggi contenibili. Non nascondo neppure che un altro mio timore è che l’avidità umana riesca a rendere merce anche ciò che dovrebbe essere frutto di amore cioè accogliere un nuovo membro nella comunità famigliare. Temo che ci sia un bisogno egoistico di possesso, già presente spesso da parte di molti genitori verso i propri figli biologici. Credo che si potrebbe provare a portare questi dubbi e se possibile aggiungerne altri per cercare di avere meno certezze ma raggiungere più consapevolezza. Ringrazio il Prof. Galimberti per questo foro di conversazione e tutti coloro che ne hanno approfittato.
Le persone omosessuali non esistono. L’omosessualità si manifesta nella congiunzione dei corpi, non in ciò che è personale. Se c’è desiderio, attrazione e congiunzione tra persone dello stesso sesso, c’è un atto omosessuale, che è diverso dall’atto in solitario ma non differente. Sono cose che si cominciano a capire da adolescenti e se non c’è libertà o sicurezza nella espressione la decisione di non pensarvi tanto o di dirs ignorante è una ovvia difesa naturale.
Questo Galimberti non ha pubblicato il mio precedente commmento, che appare solo a me con l’ndicazione che è in attesa di moderazione dopo tanti giorni. Non accetta critiche fondate sul fatto che questi anormali se ne fregano del futuro bambino ed egoisticamente pensano solo a stessi con la pretesa di una certificazione di normalità da parte della legge sapendo di essere anormali e non potendo darsi da sé una certificazione di normalità. Sono anche disonesti. Del bambino a cui si impedirà sempre di sapere chi sia il padre biologico o la madre biologica, con l’impossibilità di una anamnesi medica. di questi gli anormali se ne fregano. Qui si tratta di un crimine a danno di un innocente
[60 anni – Insegnante – Imprinting individuale e sociale giudaico/cristiano – Coniugato – 2 Figli – alcune letture recenti: Nietzsche/K.Lorenz/De Botton]
idealismo e convenzioni continuano ad offuscare le menti di quella parte del genere umano grettamente chiuso nell’ovile delle religioni rivelate; dopo millenni di stratificazioni è faticoso ritrovarsi; a titolo esemplificativo sul piano dell’elaborazione concettuale: ritengo convenzionale e poco fecondo parlare di questioni etiche e morali riguardanti la sessualità e la riproduzione senza rivendicare con orgoglio l’umanità di Edipo e Tanai; a titolo esemplificativo nel merito della vita “reale”: parliamo di utero in affitto (definizione che consente di sbrigare la pratica in modo indolore, usando comode categorie del bene e del male) e affrontiamo la questione più critica per i più consueti luoghi comuni etici e morali: “bambino maschio con due babbi” e spostiamo poco poco il punto di vista; perchè nessuno invoca una postuma “Lettera ad un bambino mai nato”?; con la vita che vince a prescindere, domani quel bambino potrà orgogliosamente dire: io sono, grazie babbi, grazie mamma che mi hai amato per 9 lunghi mesi per farmi nascere e so che non hai mai smesso di amarmi; è troppo facile usare le categorie della perversione per giudizi sommari, che non ci aiutano ad entrare nel futuro dei Novemiliardid’individui e ci fanno perdere di vista la magia della vita e la necessità di far iniziare finalmente il millennio di Nietzsche-Zaratustra, rifondando un nuovo patto umano su un più adatto impianto etico e morale; sarebbe stupendo che qualcuno prendesse l’iniziativa di riscrivere la Commedia con Nietzsche al posto di Virgilio e Beatrice.
Nella lingua italiana l’organo sbruffone che abbiamo dentro alla testa viene chiamato “mente”.
Non ho avuto bisogno di esercitare la mia volontà per essere eterosessuale.
Non ho avuto bisogno di stare lì a pensarci molto. Non è stata una scelta.
Sono stati i miei ormoni e un altro organo a convincermi che sono eterosessuale.
Il corpo non mente!
Ma se questo è valido per me, perchè non dovrebbe essere valido per gli omosessuali?
A me non interessa ficcare il naso nelle mutande altrui e, anche se non comprendo del tutto l’omosessualità e gli omosessuali posso sempre pensare a una diversità ormonale.
Posso anche pensare che la natura ha istituito l’omosessualità per controllare le nascite, per impedire una esagerata procreazione e dunque una esagerata espansione e sopraffazione di una specie sulle altre.
Ma questo non mi autorizza a pensare che gli omosessuali siano incapaci di amare.
E dunque devono avere tutti i diritti e tutte le opportunità per poter esprimere completamente questa capacità.
I bambini hanno bisogno di essere amati e alla nascita non esistono pregiudizi, ci vengono inculcati dalla cultura dominante.
Le pratiche omosessuali son pratiche, le fanno le persone ma le azioni personali sono azioni personali restando le persone soltanto persone. Le persone, con o senza tutte le pratiche sessuali possibili, son persone. L’umanità tutta ed individuale è bisessuale; le occasioni della vita non sempre consentono a tutti tutte le pratiche sessuali possibili.
(MAURO PASTORE)
Voi intellettuali open-minded siete peggio dei preti.
E ho detto tutto.
Dannata libertà di parola.