Ogni tanto mi viene il sospetto che la psicoterapia, la cura con la parola, sia nata perché la filosofia ha disertato se stessa e, da pratica di vita, è diventata il mestiere dell´insegnamento.
Ora questo mestiere si sta esaurendo, eppure le iscrizioni degli studenti alle varie facoltà di filosofia non diminuiscono, nonostante la disapprovazione dei genitori (“non ti dà un mestiere”) e i continui inviti che da ogni parte giungono a “professionalizzare” la scuola, a “specializzarla” per i mestieri. Poi è sufficiente che al Teatro Parenti di Milano si discuta di filosofia o a Modena si faccia addirittura un Festival della filosofia e si riempiono le sale e le piazze. Ma perché? Qual è la domanda a cui la filosofia ha smesso di dare una risposta?
La domanda, inutile girarci intorno, è la domanda di senso da parte di esistenze che nascono, crescono, lavorano, producono, consumano, invecchiano, muoiono, senza riuscire a rintracciare nella propria biografia una traccia di sé in cui riconoscersi e a cui dare espressione. Di ciò ognuno di noi soffre, anzi forse questa è l´essenza del dolore che deriva dal fatto che, forniti per natura di una coscienza, viviamo vite irriflesse, a cui non prestiamo la minima attenzione. E allora o ottundiamo la coscienza con il lavoro e l´evasione o la lasciamo nel dolore di una domanda senza risposta.
Nel primo caso nessuno si occupa di noi dal momento che per primi abbiamo noi deciso di non occuparci di noi stessi. Un po´ di lavoro, un po´ di consumo, un po´ di famiglia, un po´ di sesso, un po´ di calcio, un po´ di tv e la vita passa senza troppe domande. Nel secondo caso, quando la domanda di senso non ci abbandona e si ripropone, non necessariamente nei momenti cruciali della vita, ma quando andiamo al lavoro, quando facciamo acquisti, quando torniamo in famiglia, quando facciamo l´amore, quando andiamo allo stadio o guardiamo un po´ di tv, allora veniamo subito rubricati nella patologia.
A questo punto o si va in farmacia a comprare qualche antidepressivo, su indicazione medica naturalmente, o si va in psicoterapia. In questo caso o per adattare se stessi al mondo in cui viviamo, dal momento che non si può cambiare il mondo, o per cercare se stessi e cosa nella nostra vita emotiva è causa di dolore.
A mio parere appartengono alle psicoterapie dell´adattamento il “cognitivismo” che invita ad aggiustare le proprie idee e ridurre le proprie dissonanze cognitive in modo da armonizzarle al mondo in cui ci si trova a vivere, e il “comportamentismo” che invita ad adeguare le proprie condotte, indipendentemente dai propri sentimenti e dalle proprie idee che, se difformi, sono tollerati solo se confinati nel privato e coltivati come tratto originale della propria identità, purché non abbiano ricadute pubbliche.
Si viene così a creare quella situazione paradossale in cui l´autenticità, l´essere se stesso, il conoscere se stesso, che l´antico oracolo di Delfi indicava come la via della salute dell´anima, diventa qualcosa di patologico, come può esserlo l´esser centrati su di sé (self-centred), la scarsa capacità di adattamento (poor adaptation), il complesso di inferiorità (inferiority complex). Quest´ultima patologia lascia intendere che è inferiore chi non è adattato, e quindi che “essere se stesso” e non rinunciare alla specificità della propria identità è una patologia.
E in tutto ciò c´è anche del vero, nel senso che sia il cognitivismo sia il comportamentismo, in quanto psicologie del conformismo, assumono come ideale di salute proprio quell´esser conformi che, da un punto di vista esistenziale, è invece il tratto tipico della malattia. Dal canto loro i singoli individui, interiorizzando i modelli indicati dal cognitivismo e dal comportamentismo, respingono qualsiasi processo individuativo che risulti non funzionale al mondo in cui si vive.
Alla ricerca di sé, del proprio sé profondo, si dedica invece la psicoanalisi per capire quanti imbrogli (razionalizzazioni) abbiamo fatto con noi stessi nel tentativo di comporre i conflitti che nascono tra i nostri irrinunciabili desideri e le richieste che ci vengono dall´esterno a cui non possiamo sottrarci. Qui la razionalità deve confrontarsi con le regioni oscure di noi stessi per scoprire ciò che è “difensivo” rispetto a qualcosa che non si vuole o non si può accettare di sé, ciò che è “compensativo” di nostre debolezze che mai abbiamo voluto prendere in considerazione, e infine ciò che è veramente “espressivo” di noi stessi e che ancora non abbiamo avuto il coraggio di esprimere.
Tutte le psicoterapie, se ben condotte, funzionano, sia per chi non vuol saper nulla di sé, ma vuole semplicemente trovare un buon adattamento nel mondo, sia per chi vuol sapere qualcosa di sé indipendentemente dai problemi di adattamento. Ma per chi, adattato al mondo, e con una discreta consapevolezza di sé ancora non reperisce un senso della propria esistenza, e quindi viene a contatto non con questo o quel dolore, ma con l´essenza del dolore, per costui non c´è rimedio in farmacia e forse neppure in psicoterapia. Per queste persone, che a guardar bene sono la quasi totalità dell´umano, non restano che due vie: la religione o la filosofia.
Che la religione, tutte le religioni abbiamo svolto una terapia di massa dell´umanità non c´è alcun dubbio. La fede iscrive ogni biografia in un grandioso orizzonte di senso dove ogni domanda trova la sua risposta, ogni azione la sua giustificazione, ogni vita e perfino la morte il suo significato. E per chi non crede in Dio e negli dèi le alternative non possono essere la farmacia o la psicoterapia. E allora? Allora per chi rifiuta di trovare il senso della propria vita in un dogma a cui si accede per fede, non resta che la filosofia, nata in Grecia nel V secolo a.c. non solo come conoscenza, ma come pratica di vita. Tali erano le scuole filosofiche greche prima che la filosofia, amputando se stessa, si disinteressasse della vita e divenisse solo conoscenza teorica, assestandosi su un terreno che oggi le scienze di giorno in giorno erodono.
Nessuno di noi abita il mondo, ma esclusivamente la propria visione del mondo. E non è reperibile un senso della nostra esistenza se prima non perveniamo a una chiarificazione della nostra visione del mondo, responsabile del nostro modo di pensare e di agire, di gioire e di soffrire. Questa chiarificazione non è una faccenda di psicoterapia. Chi chiede una consulenza filosofica non è “malato”, è solo alla ricerca di un senso. E dove è reperibile un senso, anzi il senso che, sotterraneo e ignorato, percorre la propria vita a nostra insaputa se non in quelle proposte di senso in cui propriamente consiste la filosofia e la sua storia?
Karl Jaspers, dopo aver rivoluzionato la psichiatria, rendendola da “esplicativa” (cos´è la schizofrenia, la depressione, la paranoia?) a “comprensiva” (come m´intendo io con questo schizofrenico, con questo depresso, con questo paranoico?), avvertì che ancora non si era sfiorato il problema del senso, e che non lo si sarebbe potuto accostare se non facendo filosofia e utilizzando strumenti filosofici. Nacque così dopo la Psicopatologia generale (il Pensiero Scientifico Editore), la Psicologia delle visioni del mondo (che Astrolabio Ubaldini ha appena ripubblicato purtroppo in una vecchia traduzione dove non si capisce niente) e Filosofia (Mursia, Utet) dove si discute di “Orientazione filosofica nel mondo” e “Chiarificazione dell´esistenza”.
Dopo Jaspers, la pratica filosofica ha fatto passi innanzi in sede psichiatrica con Eugenio Borgna, di cui segnalo l´ultimo splendido libro Le intermittenze del cuore (Feltrinelli), e in sede filosofica Pierre Hadot Esercizi spirituali e filosofia antica che Einaudi farebbe bene a ripubblicare alla svelta. Di questi giorni è l´uscita dell´ottimo libro di Romano Madera e Luigi Vero Tarca: La filosofia come stile di vita. Introduzione alle pratiche filosofiche (Bruno Mondadori editore) in cui la concezione della pratica filosofica, oltre che ai modelli teorici da loro elaborati, si sostanzia dell´esperienza seminariale condotta all´università Ca´ Foscari di Venezia e all´università di Milano che ha messo capo a un gruppo di ricerca che si chiama “Compagnia di Ognuno”. A partire dall´interesse suscitato da questa esperienza la Regione Veneto ha stanziato un finanziamento per un indirizzo di corso di laurea in “Consulenza filosofica”.
Esiste poi a Torino una scuola di consulenza filosofica, la SICOF diretta Ludovico Berra, autore tra l´altro de La voce della coscienza, un ottimo lavoro dove si cerca di far dialogare psichiatria, psicoanalisi e filosofia, superando le reciproche diffidenze, perché è bene ricordare agli psicoanalisti che la filosofia non è una difesa alla conoscenza di sé, e ai filosofi che la psicoanalisi non è solo clinica empirica. A quando un po´ di filosofia nelle scuole di psicoterapia dove ci si occupa di tutto fuorché di filosofia? Da che cosa ci si difende con questa esclusione?
“Phronesis” è un´altra società di consulenza filosofica nata a Torino grazie ad Andrea Poma e Neri Pollastri con sedi regionali a Milano, Firenze, Palermo e in Veneto. A cura di “Phronesis” la casa editrice Apogeo, affiliata alla Feltrinelli, pubblicherà nel prossimo anno alcuni classici della consulenza filosofica tra cui Gerd Achenbach e Ran Lahaw, nonché un saggio dello stesso Neri Pollastri in cui si descrive la storia della consulenza filosofica e la mappa degli scenari dove può trovare applicazione.
È interessante che Apogeo, una casa editrice di informatica, si occupi di consulenza filosofica, perché questa pratica non riguarda solo le sorti individuali, ma anche scenari aziendali dove reperire un senso è sempre più difficile. Ce lo ricorda Pier Luigi Celli che di aziende ne ha visitate molte, dall´Eni alla Rai e oggi all´Unicredit e ha capito che in un´azienda o si reperisce un senso o l´azienda deperisce. Dei libri di Celli ricordo, per chi si volesse muovere in questi scenari: L´illusione manageriale (Laterza), Passioni fuori corso (Mondadori) e l´ultimo, uscito in questi giorni Graffiti aziendali (Sellerio).
Questo è lo stato dell´arte in Italia. Fuori dai nostri confini la pratica filosofica è molto diffusa negli Stati Uniti, in Francia, Germania, Olanda, Israele. In questi paesi, prima di noi, hanno capito che non tutto il dolore è patologia. Spesso il dolore, anzi l´essenza del dolore, è solo ignoranza di sé.
14 Commenti
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Ogni tanto mi viene il sopspetto che quello in cui dobbiamo credere – piuttosto che in quello in cui possiamo – rappresenta il vero caos che è dentro di noi,
Pensare è determinante per continuare a credere e per continuare a esserci.
Mi guardo intorno e mi ritrovo ad osservare le vite degli altri, in esse ritrovo una insensata omologazione ed una spudorata superficialità che alimenta un declino inevitabile .
Se per essere si deve continuare ad apparire, allora il complesso di inferiorità che circonda la nostra civiltà porterà la distruzione.
Parafrasando – è solo ignoranza di sé ….. continuare a “praticare” la filosofia potrebbe salvare me stesso ?
Continuo ad auspicare la vita, purchè libera, ovunque essa sia seppure nelle reciproche diffidenze.
michele francone
Caro Prof. Galimberti,
La voglio innanzitutto ringraziare per la possibilità che mi ha dato di ascoltare gratuitamente (in un periodo in cui tutto si paga) le sue conferenze, su Youtube. Quando stiro, quando cucino, quando assistevo mia madre, quando ho del tempo libero, Lei mi gratifica con le sue parole.
Lei mi ha regalato un po’ di felicità, esaudendo un mio remoto desiderio: ascoltare lezioni di filosofia e, fortunatamente, da uno dei più lucidi filosofi del nostro tempo, non avendola potuta studiare nei tempi scolatici (ho frequentato il Tecnico Industriale). Durante gli studi universitari (Ingegneria) ho iniziato a studiare la psicologia e la filosofia in modo autodidatta, pervenendo a considerazioni personali, senza alcun avallo accademico.
Ho compreso numerosi concetti filosofici dalle Sue chiare riflessioni e dagli esempi collegati. Ho capito il significato di Epistemologia da una Sua frase: “sta in piedi da sola”, che non consultando dizionari e manuali di filosofia. Ascoltare le sue riflessioni sui problemi attuali con l’uso della filosofia è come godere della freschezza di un bosco, sdraiato sotto l’albero più alto, gustando ogni minimo richiamo proveniente dalla natura incontaminata, affascinati dalla bellezza, senza mai distrarsi.
Il suo discorso è fluente, teso, appassionante; un linguaggio relativamente accessibile, non una parola di troppo, né un concetto ripetuto. Ho letto l’Ospite Inquietante, Cristianesimo, Le cose dell’amore, L’uomo nell’età della Tecnica e sto leggendo ” Gli Equivoci dell’anima.
Ammiro la sua correttezza nell’esprimere pareri contrari ai Suoi interlocutori, con cortesia e senza offendere (atteggiamento molto raro) dà risposte appropriate alle domande, scavando nelle radici dei significati.
Scienza e Tecnica, ragione e fede, relativismo e assolutismo, religione e libertà dell’uomo, grecità e cristianesimo, i miti del nostro tempo, il destino dell’umanità, sono solo alcuni temi che Lei affronta con una disinvoltura e profondità che solo un conoscitore dell’animo umano può fare.
E’ disponibile con tutti a dialogare sui grandi temi dell’uomo, al contrario di tanti che si sottraggono.
Per ringraziarla vorrei spedirle un mio libro sulla scuola (ho insegnato meccanica per 35 anni negli Istituti Tecnici) ma non conosco l’indirizzo.
Spero nel prossimo futuro di partecipare a qualche Sua conferenza, visto che non ho potuto assistere alla sua lezione magistrale, proprio a Vibo Valentia (la mia residenza) il 14 ottobre 2015, a causa di un grave lutto in famiglia.
Non mai per ricambiare ma per il piacere di stringerle la mano e poter scambiare qualche concetto sarò lieto di ospitarla nella mia casa (e di mia moglie) al mare di Zambrone, vicino Tropea, in un fine settimana.
Prima di terminare devo obbligatoriamente porre almeno una domanda al filosofo, sul tema religioso.
Nel libro “Le cose dell’amore”, al capitolo Amore e vergogna, Lei dice: “ non è l’ignudità in sé di Adamo ed Eva ma è lo sguardo di Dio a provocare il senso di vergogna”. Ma quello sguardo era di ammonimento, di rimprovero per un’azione che non doveva compiersi. Perché Dio non ha espresso uno sguardo conciliante verso gli organi di riproduzione? Sono stati comunque forgiati nel fango dalle sue stesse mani. Poteva benissimo creare l’uomo senza pisello e la donna senza farfalla e non sarebbe nato probabilmente il peccato originale che ci portiamo tutti sulle spalle.
Un cordiale e affettuoso saluto.
Domenico Contartese
Leggo della “domanda al filosofo”. Per quanto Dio sia attivo e non passivo, ovvero incausato direbbe il metafisico moderno, l’Eternità assume valenze diverse secondo le diversità degli eventi mondani. Perduto il pudore ed acquistata la educazione, il senso originario della sessualità non viene compreso assieme all’intuizione del senso del sacro, il quale diventa il corrispettivo intellettuale del nuovo ritrovato per vivere degnamente: l’ornamento che copre, il “vestito”, appunto correlato col pensiero di ciò che conviene o sconviene. In tal senso, il racconto della caduta di Adamo è la rimembranza della nascita del dilemma etico e dell’inizio della vita etica. Oltre le letture ufficiali più comuni della Bibbia, v’è quella che non tralascia l’identificazione di più di una vicenda nella storia biblica del genere umano. Dunque l’Adamo primigenio non andrebbe confuso sempre con l’Adamo della tentazione: due cose diverse, due riferimenti collettivi distinti! E il nuovo Adamo Noè non va inteso quale ritorno-ripetizione, era infatti un Adamo diverso Noè, perché non sapeva il dilemma della scelta morale né aveva mai avuto necessità di esso, cosa che invece era accaduto per Sem, Cam, Iafet, esule il primo, prigioniero il secondo, il terzo tutore… Decisioni e relative conseguenze di tre umanità differenti a fronte degli eventi del nuovo stato adamitico postdiluviano. Eppure lo stesso Aronne, fratello dell’ebraico Mosè, non ebreo questi ma neppure il personaggio descritto dalla ortodossia freudiana e di Freud stesso (aspiranti idolatri, dietro il mito greco di Edipo, ma falliti sia col paganesimo ellenico che con la religione giudaica), era alieno dal comprendere le ragioni di una scelta morale, capace solo di indicare ragioni immediate: Aronne è il nome tramite per l’antichissimo Egitto e degli egizi, non egiziani, della loro ingenua e smisurata pace. Davide, il re, amava orgogliosamente il mondo di coloro che vivevano liberi tra le fiere, il re Salomone ne era stato appartenente, e nel nome di Saba si tramandano le medesime tradizioni tramandate nell’Africa nera su coloro che sono felici di ascoltare i ruggiti terribili delle belve. In Elia, nome misteriosissimo, il mondo giudaico celebrava l’ennesimo Adamo, il cui stato d’innocenza era nato dal morire della civiltà cara ai sacerdoti leviti, già testimoni della sua fine ed ostaggi delle smanie di vendetta degli altri credenti in Geova, la parola giudaica che sta per Dio. In Elia nessun ascendente selvaggio! Ma la stessa figura di Gesù di Nazareth è il racconto dell’irrompere di un altro mondo, per via delle iniziazioni che alcuni pastori avevano dato al predicatore Gesù, restatogli grato ed assai umilmente consapevole di averne potuto trarre solo poco. Gesù di Nazareth era un nuovo appartenente del mondo adamitico dei pastori, che non era quello greco dell’Arcadia, infatti Paolo di Tarso ammoniva gli ebrei a considerare le alterità proprio distinguendo il Vangelo interiore da quello esteriore, quest’ultimo dei predicatori tra giudei ed ebrei, quell’altro invece l’oscura intuizione prereligiosa, che la storia testimonia accaduta presso la cosiddetta Stoa o nella Stoa. E nelle predicazioni del nazareno, ma anche prima coi Profeti, v’era il riferimento al mondo liberissimo ed incomprensibile dei Fenici, che l’ebreo Giona potette raggiungere solo dopo una esperienza di radicale trasformazione interiore ed esteriore, tramite una pericolosa e terribile avventura marina. Questo mondo Fenicio era uno stato adamitico. Nel Medio Evo era detto uno stato adamitico dei cosiddetti mauri, che il Tasso maledì solo in apparenza, in realtà pregava loro di intervenire nelle scelte etiche dell’Europa rinascimentale e moderna. Tali stati adamitici, in quanto stati, rimandano al nome di Adamo, quello non caduto: infatti la storia del peccato è percorsa da inspiegabili eventi e soprattutto incontri d’innocenza, per esempio quelli avuti da Las Casas ai Caraibi nei primi tempi del colonialismo europeo. Di racconti nella Genesi ve ne sono due: dell’umanità senza nome, dello stato d’innocenza perdurante nella vita dominata dal linguaggio stabilito, e da questo racconto si diparte la narrazione della Caduta, non senza dunque che le due radici riappaiono saltuariamente nei racconti successivi. Il dilemma del puritano che attribuisce a Dio la propria etica è dovuto alla ignoranza, anche religiosa, mentre chi fa parte del mondo al di là del bene e del male, quello che Nietzsche ritrovò nella storia e cultura persiane ma anche nella Grecia arcaica, fa di tale dilemma un altro dilemma, per accorgersi del nonsenso per sé e della ignoranza a l t r u i. Cosa domandare al filosofo? Oppure: cosa chiedere ad un gesto?, una memoria, la rimembranza, o l’oblio, o la conoscenza? Non è più saggio il gesto che la saggezza in questi casi? A volte sì.
MAURO PASTORE
« E se “filo-sofia” non volesse dire “amore della saggezza” ma “saggezza dell’amore”, così come “teologia” vuol dire discorso su Dio e non parola di Dio, o come “metrologia” vuol dire scienza delle misure e non misura della scienza? Perché per filosofia questa inversione nella successione delle parole? Perché in Occidente la filosofia si è strutturata come una logica che formalizza il reale, sottraendosi al mondo della vita, per rinchiudersi nelle università dove, tra iniziati si trasmette da maestro a discepolo un sapere che non ha nessun impatto sull’esistenza e sul modo di condurla? Sarà per questo che da Platone, che indica come condotta filosofica “l’esercizio di morte”, ad Heidegger, che tanto insiste sull’essere-per-la-morte, i filosofi si sono innamorati più del saper morire che del saper vivere? » non si rinchiude nelle università , diviengono e necessaria a chi vivere di piacere ,per chi si vuole sottrarre alla manipolazione delle conoscenze,alla creazione di un opinione comune totalmente standardizzata ,di chi si vuole opporre al sistema di scadenze imposto dalla scuole e dall università le quali non permettono allo studente di appassionarsi ma di eseguirle come un operaio in fabbrica ”like the head of an elephant in a state of melancholy madness” ,senza un minimo momento di riflessione .lo studio nelle scuole è imposto, rigido ,ci riempiono di fatti con cui ci sembra di non avere un minimo di attinenza nella vita reale per circa 15 anni ,infine ci chiedono quale strada intraprendere per approfondire lo studio attuato,lascindoci nudi e disarmati, vuoti e incolti ,privi di speranze ,passioni le quali sono state declassate dall’importanza del compito in classe del giorno dopo e non dalla spensierata lettura di un buon libro che apre la mente e il cuore ,lo studente entra in uno stato di confusione ,non attua nessuna ribellione eroica a questo desiderio di felicità negato,non ha il coraggio nè abbastanza volontà di estraniarsi .
Caro Prof. Galimberti,
come Lei ci ricorda spesso, la Filosofia possiede gli strumenti per comprendere ed affrontare anche le tematiche del presente, seguendo un pensiero logico razionale e ponendosi le giuste domande. “La Filosofia nasce come pratica orale, nelle piazze, per insegnare ai giovani come si conduce la vita e come si governano le città” (la casa di psiche- U. Galimberti).
La strada da seguire non è semplice; è complessa e irta di ostacoli come macigni che, a volte, fanno deviare l’orientamento. Uno di questi impedimenti è la retorica ammaliatrice e trascinatrice di anime, come le irresistibili sirene di Ulisse.
Lei sempre ci mette in guardia dal pericolo in agguato, rammentandoci Platone, con i suoi 12 dialoghi sui 33, scritti “contro i retori e sofisti, cioè contro coloro che ottenevano il consenso attraverso la retorica; oggi diremo con le televisioni, con gli spot, non attraverso l’argomentazione, la competenza, l‘istruzione. Ben 12 dialoghi dedica Platone contro questi nemici della democrazia che sono i retori e i sofisti: coloro che ottengono il consenso attraverso la mozione degli affetti, con la seduzione dell’oratoria, con figure non di pensiero. (U. Galimberti). Mi aiuti ora prof. Galimberti ad orientarmi su un problema attuale, impegnativo, forse più importante delle centrali nucleari.
Nel 2006 si svolse un referendum sulla riforma costituzionale, approvata in parlamento dal governo Berlusconi, che andava a modificare 53 articoli della Costituzione italiana. Nonostante tutta la macchina rombante della televisione in mano ad un solo sovrano, tranne la terza rete, nonostante la potenza gigantesca masmediatica i cittadini votarono contro, bloccando il tentativo di introdurre un premierato nell’ordinamento istituzionale e di scippare la sovranità popolare. L’esito del referendum fu anche aiutato da una sinistra più compatta, da molti intellettuali che organizzarono girotondi, movimenti di piazza, un fermento di coscienza di base.
Dopo 10 anni viene ripresentato lo stesso referendum ma proposto da un altro governo, di colore diverso e dai contenuti quasi analoghi: il premierato non risulta scritto formalmente ma di fatto lo diventa con un meccanismo combinato di: legge elettorale (italicum) e riforma costituzionale. Gli articoli modificati sono 47 e molti contengono le cosiddette pillole avvelenate, come quei contratti delle banche e Assicurazioni che, al di là delle apparenti condizioni vantaggiose, contengono, a caratteri microscopici, il tranello con cui si impadroniscono “legalmente” del tuo denaro, nel nostro caso della sovranità popolare. Questa volta il popolo si trova davanti un retore novello, travestito da un manto di sinistra, un sofisticato venditore di future opportunità, benessere e stabilità politica. E molti ci credono sulla parola, invece di studiare la legge ( non è molto difficile come gli OGM, la si può comprendere) si lasciano convincere dalla mozione degli affetti.
Le cito un noto filosofo italiano che afferma di votare Si al Referendum “anche se la riforma fa schifo”, letteralmente. Dov’è prof. Galimberti la logica razionale, la famosa Episteme con cui i filosofi riescono a smascherare la retorica? Se qualcosa fa schivo bisognerebbe essere contro non a favore.
Io personalmente ho letto e studiato la legge e sono disposto a confrontarmi sui contenuti, su ogni articolo. Ovviamente non tutta è da buttare, su 47 articoli ne possiamo salvare uno: l’abolizione del CNEL, su cui il consenso è pressoché unanime, il resto è da buttare nel cestino. Ci sarà una ragione se undici Presidenti della Corte Costituzionale, senza colore politico, abbiano bocciato la Riforma, se il 90% dell’Associazione Nazionale Partigiani, la CGIL, l’Associazione Libera, la stragrande maggioranza delle forze politiche presenti in Parlamento si siano schierati contro. Ma se questo può non bastare allora facciamo un piccolo riassunto della Riforma.
1. VIENE DEFORMATA LA COSTITUZIONE DA UN PARLAMENTO ELETTO DA UNA LEGGE ANTICOSTITUZIONZALE . IL PRINCIPIO DI CONTINUITA’ DELLO STATO GLI CONSENTIVA SOLO DI APPROVARE UNA NUOVA LEGGE ELETTORALE ED INDIRE NUOVE ELEZIONI.
2. VIENE DRASTICAMENTE RIDOTTA LA SOVRANITA’ POPOLARE CONSEGNANDOLA NELLE MANI DEI CAPIPARTITO E DELLA CASTA POLITICA. IL PARTITO DI MAGGIORANZA RELATIVA CONQUISTA 340 SEGGI ALLA CAMERA (ITALICUM) E PUO’ ELEGGERE DA SOLO IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, 2/3 DEI MEMBRI DELLA CONSULTA E 1/3 DEI MEMBRI DEL CSM.
3. VIENE DISINCENTIVATA LA PARTECIPAZIONE DEI CITTADINI DALLA VITA ISTITUZIONALE, CIVILE E DEMOCRATICA, TRIPLICANDO LE FIRME DA 50 A 150 MILA PER LE LEGGI DI INZIATIVA POPOLARE E INNALZANDO DA 500 A 800 MILA LE FIRME PER I REFERERNDUN ABROGATIVI, PER AVERE L’ABBASSAMENTO DEL QUORUM (MAGGIORANZA ASSOLUTA DEI VOTANTI);
4. IL SENATO VIENE TRASFORMATO IN UN ORGANISMO MOSTRUOSAMENTE INFORME, NON ELETTO DAI CITTADINI, VARIABILE NELLA COMPOSIZIONE , NOMINATO DALLE SEGRETERIE DI PARTITO CHE DESIGNANO I CONSIGLIERI REGIONALI
5. NON VIENE SUPERATO IL BICAMERALISMO PARITARIO CHE RIMANE TALE PER ALCUNE TIPOLOGIE DI LEGGI;
6. NON RIDUCE I TEMPI DI APPROVAZIONE DELLE LEGGI ORDINARIE. LA PROCEDURA DIVENTA PIU’ COMPLICATA E FARRAGINOSA (INTRODUCE BEN 10 TIPOLOGIE DI ITER LEGISLATIVI);
7. LE REGIONI VENGONO ESAUTORATE DALLO STATO CENTRALE ATTRAVERSO LA CLAUSOLA DI SUPREMAZIA E PARADOSSALMENTE SI ISTITUISCE LA CAMERA DELLE AUTONOMIE (SENATO)
8. RIMANGONO INALTERATE I POTERI DELLE REGIONI A STATUTO SPECIALE;
9. RIMARRANNO I CONFLITTI TRA STATO E REGIONI PER LE COMPETENZE ESCLUSIVE E TRASVERSALI ASSEGNATE CON L’ART. 117;
10. LO STATO DI GUERRA POTRA’ ESSERE DICHIARATO DALLA SOLA CAMERA IN CUI PUO’ DECIDERE UN SOLO PARTITO E FIRMATO DAL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA CHE PUO’ ESSERE ELETTO ANCHE DA UN SOLO PARTITO.
A questo punto, Lei prof. Galimberti, che rileva le contraddizioni, potrebbe obiettarmi: “da una parte mi chiede consigli su come orientarsi e dall’altra vedo che ha già preso una posizione netta, bella contraddizione”! E siamo giunti al cuore del problema, il motivo vero della lettera. C’è un altro filosofo, che stimo moltissimo, uno dei più lucidi del nostro tempo, “il livello più alto della razionalità”, definizione che lo stesso attribuisce al significato di Tecnica. Secondo alcuni giornali il filosofo avrebbe apposto la Sua firma a sostegno del SI; io non ci credo e se anche lo vedessi con i miei occhi non ci crederei lo stesso, penserei che si trattasse di un refuso di stampa. Ecco il mio smarrimento, non i tanti firmatari al sostegno del nuovo retore di Rignano ma quella del Filosofo, l’unica che mi crea turbamento.
Un caro ed affettuoso saluto.
In questa terra latita la passione. Ogni idea e luogo e’ gia’ stato filmato e proiettato, ogni loro senso stabilito. E l’anima rubata dalle pellicole e dai supporti tecnoligici.
Quanto ci sono sembrate puerili simili credenze. Quanto volgare la controriforma e i roghi. Quanto ci siamo sentiti essere superiori, fortunati proprietari dei lumi che fanno vedere le cose “per quello che sono”. E dopo avere illuminato ogni recesso, ogni anfratto, dopo averlo filmato e studiato, e dopo aver violato tutte le tombe antiche, ed esserci appropriati dei loro tesori, e dopo averli decifrati e catalogati, e dopo aver riprodotto i trofei delle competizioni sportive in milioni di copie…quella luce esplicativa si e’ voltata verso di noi, col suo singolo occhio, col suo sguardo analitico.
E ha illuminato i nostri recessi e le nostre ombre, ha esiliato i nostri fantasmi, ci ha decifrato e catalogato, ha fatto di noi milioni di copie.
E dopo ancora aver valutato ogni cosa ci ha dato una funzione, e noi, piu’ ciechi di prima, derubati ormai di tutto, abbiamo assunto quella funzione con tutte le nostre forze, pur di non renderci conto che di colpo, un giorno, ci siamo ritrovati tutti nudi in mezzo agli estranei, tutti pieni di vergogna.
Buongiorno Professore,
le scrivo per chiederle di rispondere ad un quesito di mio figlio, 4 anni.
Una sera gli racconto di Ulisse e del viaggio che intraprese, delle varie avventure che visse insieme ai suoi compagni.
Finita la storia mi fa questa domanda:”Papà, come riusciamo a vivere la vita che viviamo?”.
la ringrazio
Cordialità
Fulvio
Quindi lei e filosofo… la stavo ascoltando a l’aria che tira che criticava chi scrive su internet della correlazione tra l’utilizzo dei vaccini e l’autismo dicendo che su internet sono tutti medici e che quindi non c’entra niente il vaccino con l’autismo….ma perché lei è medico? Lei quindi critica chi non ha titolo per asserire certe cose e lei da filosofo può farlo???
Egregio prof. Umberto Galimberti,
Vorrei inviarle un breve saggio scritto a proposito del suo libro “Cristianesimo – La religione dal cielo vuoto”.
Le chiederei pertanto se gentilmente potesse fornirmi un recapito a cui inviarlo.
Grazie
Enzo Gallitto
Volga per un istante al maschile, il soggetto della poesia,
e troverà il senso della sua presenza nella mia vita.
Grazie Signor Galimberti.
Sei venuta un momento a ricucirmi
Tra scuciture d’abiti mie il punto
Che più si scuce quando lo ricuci,
Dove la fame di riparatrici
Mani agitandosi chiede più’ pane :
il crocicchio degli affannati
Dentro il torace in alto …
Il bel lavoro tuo non è finito.
Là un canarino fioco
Svoletta nel mistero del proprio perdersi
Nel fumo sacro dell’infinito .
[ La Visita – Guido Ceronetti ]
Buongiorno professore,
vorrei chiederle un suo punto di vista su una mia curiosità che è nata seguendo i video delle sue conferenze su youtube. Nella maggior parte dei casi lei mette in confronto, quasi in conflitto, la cultura e tutto cio che è nato in Grecia contro il cristianesimo via via verso il nichilismo di Nietzsche. Le culture orientali, in particolare buddismo e taoismo, come si rapportano con il suo pensiero? Questo fare meditazione, mindfulness, può essere la “moda” o comunque la chiave per recuperare il contatto con la filosofia e la spiritualità che, come lei ha detto piu volte in occidente, è in pieno decadimento dalla parola fino alle passioni? Quanto le filosofie orientali possono dare alle filosofie occidentali? C’è qualche opera in cui ne ha parlato?
Oppure queste “influenze filosofiche” sono solo conseguenza dell’egemonia economica cinese?
Semmai leggerà questo messaggio, la ringrazio
Con stima
Maurizio Nardozza
Non è cosa facile rimettere in discussione tutto l’impianto di riferimento adottato per consuetudine e tradizione culturale e sociale. Se la consapevolezza della propria esistenza può venire dalla filosofia per poterci arrivare servirebbe un metodo, un percorso e un posto dove potersi applicare e studiare, magari confrontandosi per poter crescere. Inizierò con il leggere alcuni dei libri segnalati nel suo prezioso articolo… ma sarebbe grandioso prevedere un percorso da seguire indirizzato solo a questo fine anche a Roma.
Continuerò a seguirla con grande interesse.
Grazie infinite
marco
Gentile Professore,
la informo che da ieri ha una persona in più che avrà il piacere di conoscere il suo operato degli anni passati e le auguro che siano molti anche di quelli a venire.
Inutile dire dire che molte cose che lei ha scritto io già le sentivo,avevo però bisogno di conferma,e di una rinfrescata ogni tanto.
Con affetto e stima la ringrazio e la saluto.
Orietta.
Egregio Prof. Galimberti, alla Sua cortese attenzione.
Cordiali Saluti
David D’Acunzo
TRATTATO DI
IDEOLOGIA E FILOSOFIA GLOBALE
Le ideologie del mondo oggi sono in crisi perché in questo mondo è debole la filosofia che le sostiene. Qualsiasi ideologia, ovvero etimologicamente “parola di ciò che si immagina”, non ha alcun senso se ciò che si immagina è staccato da ciò che si conosce. Se una ideologia non è sostenuta da un forte “amore per la sapienza”, etimologicamente “philos” più “sophos” ,ovvero la filosofia, essa cade nel vuoto.
La filosofia oggi è debole perché va interpretata con l’introduzione di una struttura più complessa, che tenga conto dei traguardi superati dalla conoscenza umana, che fanno della sapienza di oggi qualcosa di molto più concreto e risaputo, per nulla vago come al tempo degli antichi filosofi
“Amore per la sapienza” è la traduzione dal greco della parola “filosofia”, essa nel corso della storia si è rivelata nei suoi tre pilastri e rispettivi punti deboli. I tre pilastri sono Psicologia – Teologia – Scienza; i tre rispettivi punti deboli sono Mito delle antiche civiltà, Mito dell’Aldilà, Mito della Fine del Mondo. Tutta la filosofia, fin dalle sue origini, si basa su questi baluardi di verità ed antiverità e la filosofia è nata come tentativo di equilibrare l’interiorita, l’esteriorità e la superiorità di ogni essere umano per contrastare la sua inferiorità rappresentata da tre miti (paure) invincibili. La sapienza si sviluppa per esperienze reali (concrete) ed irreali (mistiche). Negare le seconde significherebbe dire, per esempio, che una persona che non disponga dei 5 sensi (gusto, olfatto, udito, tatto e vista) non potrebbe avere sapienza, il che è sbagliato poiché la mente umana ha una sua autonomia di sviluppo, anche irreale e staccata dai 5 sensi, che ai fini della vita umana è altrettanto importante e capace di generare felicità, pensiamo a quando sogniamo ad esempio.
Ciò detto possiamo considerare la sapienza come un’onda che avanza in tre direzioni: una direzione interiore verso la mente umana e le sue infinite risorse (Psicologia), una direzione anteriore verso il mondo pratico (Scienza) ed una direzione superiore verso ciò che, nel dubbio, avvertiamo come creatrice sia della nostra mente che del nostro mondo pratico (Teologia).
La Psicologia, disciplina molto mederna, secondo la più diffusa delle teorie si scompone in IO, ES e SUPER-IO; ovvero ragione, fantasia ed autorità. Esse sono sinonimi di materia, spirito ed energia nell’accezione che IO è la ragione che si compie nella realtà della materia, ES è fantasia ovvero spirito libero e SUPER-IO è autorità, ovvero energia assoluta.
La Scienza si basa sulla fenomenologia della fisica che nel secolo scorso ha compiuto il suo più grande passo evolutivo attraverso la nota relazione E=Mc2 con cui si è dimostrata l’uguaglianza tra l’energia e la materia attraverso il concetto di dualismo; tutto l’universo si basa sull’equilibrio tra energia e materia e ciò che ne determina l’esistenza può essere solo uno spirito costruttivo, responsabile appunto della sua costruzione.
La Teologia, infine, si estende sui tre piani della trinità, poiché ogni religione ha un dio-padre che è anche autorità ed energia; un figlio-profeta fatto della materia del suo corpo e che si fa interprete della ragione; uno spirito santo.
Veniamo, infine, ai tre punti deboli.
Le antiche civiltà furono interpreti di un materialismo e di una ragione ancora primitive ed insicure, instabili e certamente pericolosamente oscillanti verso un passato preistorico ed animalesco in cui la conoscenza non serviva a nulla e la mente umana, la psiche, ridotta a niente dinnanzi alla violenza. L’esaltazione di queste civiltà, ovvero il Mito delle Antiche Civiltà, conduce fortemente lo sviluppo umano verso la negazione dell’intelligenza umana nel suo luogo di sintesi quale è la Psiche, negando cioé la Psicologia.
La fine del mondo è certamente una paura che paralizza l’uomo, lo rende disinteressato al progresso della Scienza e quindi ad ogni forma di conoscenza o sapienza: Mito della Fine del Mondo.
Infine l’aldilà che con il suo fascino può indurre l’uomo a confondere la vita con la morte, producendo un evidente stallo tra l’idea che l’uomo ha di sé e del suo creatore; in questo stato di confusione e persuasione che vita e morte sono la stessa cosa l’uomo sfida il suo possibile creatore, per definizione l’unico a poter disporre della sua vita, nega la Teologia, e mettendo se stesso al centro dell’universo considera inutile ogni forma di conoscenza o sapienza poiché ritiene di esserne lui l’origine assoluta: potendo muoversi tra vita e morte egli si sente padrone di tutto l’universo e crede di conoscere ogni cosa: Mito dell’Aldilà.
Mi sono trovato a cercare di fare filosofia quando, più giovane, volevo capire le regole del mondo. Qualcuno mi parlò di induzione, deduzione, logica filosofica, dialettica speculativa, eppure non capivo perché non fosse sufficiente ragionare in termini di poche cose semplici. Pensai, i sentimenti non ristagnano nell’Uomo, funzionano solo se sono dinamici: non a caso si dice “lontano dagli occhi, lontano dal cuore”! E poi, i sentimenti non sono generici ma diretti a qualcosa/qualcuno: hanno una direzione. I sentimenti possono essere reciproci: hanno un verso. Infine i sentimenti possono essere deboli o forti, grandi o piccoli: hanno un’intensità. E mi domandai, cos’è che in matematica sia caratterizzato da direzione, verso e intensità se non un vettore? Qualcosa si materializzo’ nella mia mente, mi furono chiare nuove cose e intuì che l’amore per la sapienza, etimologicamente philos sophia, la filosofia, fosse il vettore amore applicato alla sapienza e si muovesse come un flusso, come una corrente! Intuì anche che la scienza, come parte dell’amore per la sapienza, riguardasse tutto ciò che è tangibile, pratico, sperimentabile, anteriore all’Uomo quasi come se gli fosse davanti, poiché percepibile a lui attraverso i 5 sensi, direttamente, oppure attraverso una strumentazione.
La psicologia, invece, rappresentava amore per la sapienza interna all’Uomo, di produzione completamente endogena, rivelatrice di cosa fosse un osservatore all’interno del processo che tenta di definire la realtà.
La teologia infine non poteva essere solo l’invenzione di una mente debole, il dialogo con un dio mai visto, poiché la debolezza non è un difetto ma una costante nell’essere umano. L’Uomo non determinando l’Universo dubitera’ sempre che gli sopravanzi un’entità superiore. Dunque l’Uomo, nel dubbio, tiene sempre aperto sopra di sé un corridoio di mutua interazione con l’essere divino, sapienza superlativa, anche solo in termini astratti, che un razionale sbaglierebbe a considerare falso, poiché questa ipotesi anche per un matematico non può essere considerata uguale a zero. Questo flusso d’amore per la sapienza non poteva che essere superiore, essendo di carattere superlativo.
L’antifilosofia invece raccoglieva l’amore per la falsa sapienza o l’odio per la sapienza tutta (sottintesa positiva, nel senso comune del termine). E certamente era inferiore, perché minava subdolamente le basi della sua alter ego, la filosofia.
In definitiva la somma algebrica dei flussi di amore per la sapienza attraversanti l’Uomo definiva la prima equazione del codice magno:
filosofia = scienza + psicologia + teologia; e spiegava anche le ragioni per cui si potesse affermare che esisteva una grande bolla per tutti quelle nazioni che fondavano la propria civiltà su principi filosofici astratti, cioè incapaci di assolvere medesimamente alle problematiche scientifiche, teologiche e psicologiche del tempo in cui le questioni si ponevano.
In più, l’antifilosofia si afferma altrettanto importante rispetto alla filosofia, poiché ne rappresenta l’opposto annichilatore, l’opposto distruttore: é della medesima potenza. Essa inoltre possiede uno schema molto chiaro, la seconda equazione del codice magno, come somma degli opposti delle variabili filosofiche: tre miti (paure) invincibili; tre meduse pronte a distruggere ogni cosa che le ostacoli, in nome dei principi antifilosofici più alti di questo mondo.
In conclusione, superata la fase storica fortemente ideologizzata, è tempo di calarsi nel sistema reale, trovare degli accomodamenti, delle tolleranze, passare da un sistema ideale ad uno reale. Oggi, come non mai, ragionare di filosofia in termini assoluti significa essere anacronistici. I filosofi debbono porre questioni sul tempo e sullo spazio, sulla morale e sul mondo, fare domande ragionando sulla relazione tra le cose. Il tempo dell’impressionismo e della metafisica è finito poiché le emozioni incontrollate e le sagome dello spazio hanno un limite, noi dobbiamo interrogarci su questo limite.
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